Il 22 novembre 2001, a seguito di un accordo tra la Prefettura di Palermo e l’associazione Libera, nasceva nell’Alto Belice Corleonese la cooperativa sociale Placido Rizzotto e con essa il progetto Libera Terra. Progetto che ha visto a supporto un importante apporto del movimento cooperativo, in un primo momento bolognese, poi rapidamente allargato a tutto il territorio nazionale. Si tratta di un anniversario che cade a 25 anni dall’emanazione della legge 109/96, che ha permesso il riutilizzo per finalità sociali dei beni confiscati.
Il movimento cooperativo ha promosso e supportato dall’inizio il cammino della Legge, anche attraverso la costituzione 15 anni fa di “Cooperare con Libera Terra – Agenzia per lo sviluppo cooperativo e la legalità”, che accompagna, in collaborazione con Libera, lo sviluppo imprenditoriale delle cooperative che realizzano il riuso sociale dei patrimoni confiscati. Partendo da queste ricorrenze, sabato 20 novembre a Palermo, Cooperare con Libera Terra ha organizzato l’evento «Dalla Legge 109 al riuso sociale dei beni confiscati» per raccontare esperienze e per raccogliere le sfide che aspettano nei prossimi anni il percorso concreto di attuazione della Legge.
L’evento ha visto ospiti di primo piano come Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Antonio Balsamo, già consigliere giuridico dell’Italia all’Onu e da pochi mesi presidente del Tribunale di Palermo, Bruno Corda, direttore dell’Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati, i cooperatori e le cooperatrici di Libera Terra e di altre realtà che lavorano su beni o in aziende confiscati.
Il video integrale dell’evento
L’impegno della cooperazione
«In nostro impegno deve essere finalizzato a far si che queste esperienze non rimangano degli episodi, seppur di valore e numerosi, ma diventino normalità: il modo per riportare all’economia civile ciò che è stato maltolto – ha sottolineato Rita Ghedini, presidente di Cooperare con Libera Terra – Molti cooperatori, tra cui Adriano Turrini che ci ha lasciato prematuramente due mesi fa, hanno donato tempo, intelligenza, capacità di pensare e fare concretamente per far evolvere positivamente questo ambizioso progetto, che oggi ha varie sfide davanti a sé. È importante guardare al riuso come un’economia riparativa, che non consuma ma rigenera. Il tema degli strumenti necessari non riguarda solo i beni confiscati, ma è un tema economico e politico di carattere generale, quindi, occorre che la generalità della discussione valuti cosa è necessario introdurre, in termini di risorse e strumenti, per fondare la nostra economia e il nostro modello sociale sulla cura dei beni, dei territori e delle persone. Abbiamo di fronte una fase in cui sono state destinate risorse straordinarie allo sviluppo; auspichiamo che ciò che abbiamo imparato dal riuso sociale dei beni confiscati possa essere paradigma per impostare un modello di economia rigenerativa, collaborativa, inclusiva, che tenga al centro il rispetto delle persone, dei beni comuni, dell’ambiente».
Inoltre, la presidente sottolinea come le risorse vadano intese «anche come competenze: su questo Cooperare con Libera Terra ha cercato di lavorare in questi anni verso le cooperative. Facciamolo – ha concluso – anche con le istituzioni in favore della comunità complessivamente intesa in un clima di reciproca fiducia. È giunto il momento di “fare insieme”».
Don Luigi Ciotti: «La società non deve essere più solo civile, ma anche consapevole e responsabile»
«Dobbiamo andare incontro al futuro, tenere conto di questo cambiamento epocale e dobbiamo metterci in gioco – ha esortato Don Luigi Ciotti -. Deve essere detto con molta forza che il lavoro sui beni confiscati in questi anni è stato straordinario, è nostro dovere tenere conto di quanto è stato fatto, è importante che ci sia una memoria che riconosca le positività che sono state realizzate. Oggi è necessario uno scatto da parte di tutti, anche dalla politica. Bisogna lavorare e agire tutti insieme, creare una corresponsabilità, un ascolto reciproco per rendere più efficace questo percorso. La parola chiave è urgenza. La società non deve essere più solo civile, ma anche consapevole e responsabile. È un tema che riguarda tutti e tutto il Paese, visto che oggi la presenza criminale mafiosa più forte è al Nord, anche se fa meno rumore».